Lunedì, la piattaforma di social media X, precedentemente nota come Twitter, ha citato in giudizio l’organizzazione britannica no-profit CCDH (Center for Countering Digital Hate) che combatte l’incitamento all’odio e la disinformazione online, accusandola di false affermazioni e di aver incoraggiato gli inserzionisti a sospendere gli investimenti sulla piattaforma.
Ma per analizzare a fondo la situazione occorre innanzitutto fare qualche passo indietro. Il passaggio di testimone dalla precedente gestione a quella di Elon Musk ha portato non pochi scossoni ad uno dei social più conosciuti ed utilizzati.
Tra licenziamenti e sospensione di alcuni servizi, a sollevare polemiche è stata anche la riattivazione di alcuni account palesemente incitanti all’odio. Ed è proprio in questa cornice che trovano spazio le accuse del Center for Countering Digital Hate (CCDH), associazione indipendente impegnata nella lotta contro lo hate-speech.
Di recente, l’organizzazione ha pubblicato un rapporto in cui afferma che X non agisce sul 99% degli account Twitter Blue che pubblicano tweet o contenuti di incitamento all’odio. Il CCDH è arrivato a questa cifra analizzando 100 tweet contenenti parole d’odio e monitorandoli per quattro giorni. Al termine di questo periodo, l’associazione ha rilevato che solo uno di questi post era stato rimosso dalla piattaforma, mentre i restanti 99 sono rimasti invariati.
L’articolo ha attirato l’attenzione di X e del suo proprietario Elon Musk, che ha prontamente negato tutte le accuse del CCDH. Successivamente, il 20 luglio 2023, l’avvocato Alex Spiro, che rappresenta X Corp (la società proprietaria di X), ha inviato una lettera all’organizzazione in cui affermava che la metodologia utilizzata per arrivare al presunto 99% era falsa e aggiungendo che il CCDH stava prendendo denaro dai concorrenti di X per condurre campagne diffamatorie contro la piattaforma di social media.
La lettera di Spiro afferma inoltre che l’associazione sta tentando di allontanare gli inserzionisti da X, precisando che X Corp ha “motivo di credere che le operazioni dell’organizzazione, e quindi la sua campagna per allontanare gli inserzionisti da Twitter diffamando l’azienda e il suo proprietario, siano supportate dai finanziamenti dei concorrenti commerciali di X Corp, nonché da enti governativi e loro affiliati.”
Da allora X ha fatto un annuncio sul suo account, spiegando le sue rivendicazioni legali contro il CCDH e il suo articolo, adducendo anche che l’organizzazione sta lavorando attivamente per impedire la libera espressione.
La risposta del CCDH
Dopo la ricezione della lettera, il CCDH ha respinto le affermazioni dell’azienda in una risposta pubblicata sul suo sito web, in cui l’avvocato Roberta Kaplan scrive:
“Queste accuse non solo non hanno alcun fondamento nei fatti (la tua lettera non ne indica nessuno), ma rappresentano uno sforzo inquietante per intimidire coloro che hanno il coraggio di combattere l’incitamento, l’odio e i contenuti dannosi online.“
Sebbene al momento la questione sia sfociata unicamente in un botta e risposta tra le due parti, senza alcuna azione legale concreta, sarà interessante vedere come le affermazioni di Twitter reggeranno in tribunale.
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