C’era attesa per il vertice Opec+: Arabia Saudita e Russia, leader dell’organizzazione di Paesi produttori di petrolio, hanno concordato ieri il più grande taglio alla produzione da due anni nel tentativo di aumentare i prezzi, contrastando gli sforzi di Stati Uniti ed Europa di soffocare le enormi entrate che Mosca trae dalla vendita del greggio.

Il presidente USA Biden e i leader europei avevano invece proposto un incemento della produzione come argine all’aumento dei prezzi della benzina, quindi la decisione di ieri dell’OPEC+ non è una buona notizia per l’Italia e i Paesi che comprano petrolio.

Taglio di 2 milioni di barili al giorno

È stato stabilito un taglio di due milioni di barili al giorno che rappresenta circa il 2% della produzione mondiale di petrolio.

Nella conferenza stampa dopo l’incontro, il ministro dell’Energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, ha affermato che l’OPEC+ ha preso questa decisione guardando ai segnali di una flessione dell’economia mondiale che potrebbe causare un indebolimento della domanda di petrolio e un calo dei prezzi.

La decisione dell’OPEC+ per il momento sta dando i risultati che si prefiggeva perché il prezzo del Brent è subito aumentato dell’1,5%, riportando il petrolio ai livelli di metà settembre, anche se i prezzi alla pompa non hanno ancora assorbito l’aumento.

Il taglio della produzione avviene in coincidenza con alcuni fattori cruciali:

  • La domanda è diminuita in Cina, ancora alle prese con i lockdown per arginare la diffusione del coronavirus.
  • Il prezzo del petrolio russo è sotto pressione non solo per un rallentamento dell’economia, ma anche per l’aumento della produzione di petrolio negli Stati Uniti, in Guyana, in Brasile e in altri Paesi.
  • Gli Stati Uniti, non riuscendo a convincere i sauditi ad aumentare la produzione, hanno attinto a circa 160 milioni di barili di greggio dalla loro riserva strategica a partire da marzo e potrebbero spingere il piede sull’acceleratore.

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Tetto al prezzo del petrolio

Nel frattempo, va avanti la proposta di introdurre un tetto al prezzo del petrolio russo. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato:

“Abbiamo già deciso di vietare il greggio russo in arrivo via mare nell’Unione europea a partire dal 5 dicembre ma sappiamo anche che alcuni Paesi in via di sviluppo hanno ancora bisogno di forniture petrolifere russe, ma a prezzi bassi”. Pertanto, “il G7 ha concordato, in linea di principio, di introdurre un tetto massimo sul prezzo del petrolio russo per i Paesi terzi”.

La Russia ha già reagito alla notizia dell’introduzione del price cap. Il portavoce di Putin Dmitri Peskov ha dichiarato: “Avrà un effetto distruttivo sui mercati, sconvolgendo quasi tutti i Paesi”. La Russia, in ogni caso, smetterà di vendere petrolio ai Paesi che impongono il tetto.

In Cina, uno dei maggiori consumatori di petrolio russo quest’anno, il ministero degli Esteri ha criticato l’idea del tetto al prezzo del petrolio, avvertendo il mese scorso che si tratta di una risorsa troppo importante per l’economia globale per essere soggetta a questo tipo di controllo sui prezzi.

“Il petrolio è un bene globale: garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico globale è di vitale importanza”, ha affermato Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri, il 5 settembre.

In realtà, è probabile che i Paesi produttori non debbano alla fine tagliare di molto la produzione perché si prevede che la domanda di petrolio diminuirà di per sé a causa dell’indebolimento dell’economia globale.

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