La situazione che l’Unione europea sta vivendo in termini di aumento dell’inflazione e di crisi del gas ha pochi precedenti.
In Italia a maggio l’aumento dell’inflazione su base annua è stato del 6,8% e a giugno dell’8%: una crescita che non si registrava dal 1986 e dovuta, secondo l’Ocse “principalmente a causa dell’innalzamento dei prezzi dell’alimentazione e dell’energia.”
Nell’eurozona l’inflazione è aumentata dell’8,6% a giugno
L’aumento del prezzo del gas (+ 800% da inizio 2021!) è uno dei fattori scatenanti l’aumento dell’inflazione considerando che l’Italia e l’UE, che dipendono da altri Paesi per gli approvvigionamenti, non sono state sufficientemente rapide a diversificare le fonti e le rotte energetiche.
Il gas, in particolare, non è come il petrolio. Il petrolio oggi si sposta per il 60% su petroliere che possono cambiare rotta con facilità. Non altrettanto si può dire per i gasdotti. Attualmente solo il 13% dei consumi del gas mondiale è assicurato da navi cisterna.
L’Italia, a cui la Russia ha tagliato di un terzo le forniture di gas, proprio in queste ore sta lavorando a un piano di emergenza che prevede una serie di misure di austerity mai viste prima:
- Tagli alle industrie energivore
- Riduzione della temperatura nelle case e negli uffici
- Taglio all’illuminazione pubblica
- Chiusura anticipata di negozi e locali
A Berlino sta per essere inaugurata una gigantesca torre alta 45 metri che conterrà fino a 56 milioni di litri di acqua calda: sarà una delle riserve strategiche per questo inverno in Germania, Paese che teme il taglio delle forniture di gas dalla Russia che proprio in questi giorni ha chiuso il gasdotto Nord Stream 1 per “manutenzione”.
Secondo i tedeschi, un deficit nelle forniture di gas potrebbe portare a un crollo dell’economia simile a quello successivo al fallimento di Lehman Brothers.
Come impatta questo scenario sulle criptovalute?
La verità è che nessuno può dirlo perché le crypto sono ancora troppo giovani per capire se e come saranno influenzate dall’inflazione, ma è comunque possibile tracciare un quadro di riferimento.
Le banche centrali di tutto il mondo provano a contrastare l’aumento dell’inflazione aumentando i tassi di interesse. In particolare, quando la Federal Reserve adotta una politica aggressiva in tal senso, gli investitori vedono in questo il primo segno di una recessione in arrivo e cominciano a liberarsi degli asset più rischiosi, cioè quelli con elevata volatilità, e le crypto sono in cima alla lista.
Si è trattato di una sorpresa per quanti hanno sempre creduto che le criptovalute costituissero un argine all’inflazione, cioè che non perdessero il loro valore e anzi lo aumentassero quando l’inflazione aumenta.
Stiamo tutti imparando che non è proprio così. Man mano che le criptovalute si integrano nell’economia tradizionale cominciano a rispondere alle crisi come gli asset finanziari tradizionali.
Prendiamo bitcoin, la regina delle crypto. Bitcoin, a differenza delle valute fiat che vengono stampate senza sosta dalle banche centrali, ha una fornitura limitata di 21 milioni di coin, quindi sembrerebbe immune all’andamento dell’inflazione. O no?
In realtà negli ultimi mesi osserviamo che anche bitcoin si sta progressivamente allineando ai movimenti dei mercati tradizionali: se il mercato cala, cala anche bitcoin.
I dati dimostrano che dalla fine del 2021 a oggi i prezzi delle criptovalute, in generale, hanno seguito quelli del mercato azionario. Le crypto dovrebbero essere indipendenti da tali mercati, eppure ultimamente non lo sono state.
È uno scenario davvero complicato da decifrare: neanche i classici beni rifugio come l’oro reagiscono come ci si aspetterebbe. All’aumento dell’inflazione anche il loro valore dovrebbe aumentare ma di questi tempi non è più così.
Il futuro di bitcoin
Bitcoin è stata la prima criptovaluta ed è quella di gran lunga più capitalizzata. Il suo andamento influenza quello delle altre coin. Non è certo sottomessa alle dinamiche inflattive esterne come una qualsiasi valuta fiat ma, come abbiamo visto, non ne è del tutto immune: questo però dovrebbe valere soprattutto nel breve periodo.
Nel lungo periodo bitcoin pare in grado, comunque, di offrire una protezione valida all’inflazione, non solo per la fornitura limitata che ha ma anche per altri due fattori:
- Come l’oro, non è legato a una singola economia o a un singolo Paese, è un asset internazionale che riflette la domanda globale
- Rispetto all’oro, è più facile da trasferire, da scambiare, da detenere rispetto ai lingotti
Secondo diversi analisti la sua natura realmente decentralizzata e quindi non soggetta alle leggi delle banche centrali confermerà il suo ruolo di riserva di valore rispetto all’inflazione. Ma la volatilità attuale e la speculazione galoppante nel mercato crypto per il momento sembrano avere la meglio.
Cosa fare allora?
Cosa fare, dunque, se bitcoin e le altcoin non dovessero offrire la protezione sperata dall’inflazione?
Diversificazione è la parola chiave da non dimenticare: oltre alle crypto, nel proprio portafoglio bisogna aggiungere altri asset come azioni, bond, ETF, fondi indicizzati: è quanto raccomandano gli esperti.
Inoltre è bene ricordare che, poiché l’investimento nelle crypto rimane sempre rischioso, solo una piccola quota del portafoglio vi deve essere dedicata, anche meno del 5% dei fondi. Devono essere fondi che l’investitore è disposto a perdere totalmente e che non lo metterebbero in difficoltà se il loro valore crollasse a zero.
Quello che è successo a Terra Luna deve rappresentare un monito per tutti.
Gli hodler, a differenza dei trader, non vendono i loro asset perché credono nella portata rivoluzionaria della blockchain e delle criptovalute che indubbiamente cambieranno il volto della finanza nel futuro. Rimane da vedere se questa innovazione sia una difesa certa e costante contro l’inflazione.
Utilità delle crypto: esempi
L’utilità delle crypto rimane in ogni caso dirompente, basta vedere l’esempio dell’Ucraina che le ha di fatto legalizzate per incrementare l’afflusso di capitali nel Paese. O perfino della Russia, dove Sberbank, il maggior gruppo bancario del Paese e di tutto l’Est Europa, due giorni fa ha effettuato la prima transazione di asset digitali su blockchain proprietaria.
Per gli occidentali le criptovalute sono come il pepe o un’altra spezia per i loro investimenti, aggiungono quel quid che li rende più interessanti. Ma per centinaia di milioni di persone che vivono in Paesi meno sviluppati, bitcoin e le criptovalute rappresentano una speranza.
Oggi ci sono ben due miliardi di persone che non hanno accesso a una banca ma possono avere accesso a un telefono cellulare che diventa un terminale per utilizzare i servizi crypto.
Circa 100 milioni di immigrati inviano denaro ai propri familiari per un valore di oltre 500 miliardi di dollari all’anno. Lo fanno tramite società di money transfer che chiedono commissioni altissime: si tratta di denaro sottratto ai destinatari.
Bitcoin e le crypto possono riportare alcuni miliardi all’anno nelle tasche di donne e uomini, che li inietterebbero nell’economia reale acquistando alimenti, acqua, educazione.
L’ultimo esempio riguarda i migranti che lasciano la loro terra e vengono derubati di tutto durante il terribile viaggio verso l’Occidente: oggetti, documenti, denaro. A chi è in possesso di un wallet di criptovalute basta memorizzare la parola chiave e trovare un cellulare all’arrivo e i loro bitcoin saranno lì ad aspettarli.