Una settimana dopo il Merge, il valore del token Ethereum si è deprezzato di oltre il 20% fino a toccare quasi i 1.200 dollari. Ci sono molte ragioni alla base di questo crollo e in quest’articolo proveremo a capire perché analizzando tre punti principali.
“Buy the rumor sell the news”
Non è una pratica insolita nel mondo dei trader delle criptovalute (ma anche tra i trader dei mercati azionari) quella di “buy the rumor, sell the news”. Di cosa si tratta? Mai seguire il gregge, muoversi invece sempre controcorrente: acquista criptovalute quando ci sono le indiscrezioni (buy the rumor) e vendi quando esce la conferma (sell the news). Quando cioè entrano tutti. I professionisti del trading seguono fedelmente questa regola.
Per quanto riguarda ETH, il merge è avvenuto nel contesto di un mercato ribassista molto più ampio, durante il quale i prezzi di quasi tutti gli asset sono scesi in modo significativo, e c’era ancora un ragionevole grado di incertezza: sarebbe logico che ETH post-merge sia un asset meno rischioso poiché ci sono meno variabili e che questo dovrebbe a sua volta giustificare un valore più alto.
Tuttavia, sembra che un numero sufficiente di trader abbia deciso di prendersi i profitti e uscire dall’asset, tanto che il valore di ETH è sceso al punto in cui si trova ora, ben al di sotto di $ 1.300.
L’aumento dei tassi di interesse
Quando i tassi di interesse salgono, le attività rischiose tendono a diminuire di valore e quando i tassi di interesse scendono, tendono ad apprezzarsi. Ethereum è un esempio estremamente chiaro di “asset risk-on”, dato che non è la criptovaluta più sicura o immutabile del comparto crypto ed è ancora relativamente “giovane”: il meccanismo di consenso attualmente utilizzato da Ethereum, infatti, è in funzione solo da una settimana.
L’aumento dei tassi di interesse di ieri ha causato molta volatilità sui mercati e i prezzi hanno oscillato drasticamente. Il prezzo di Ethereum, in particolare, ne ha risentito. Poiché l’accesso alla liquidità diventa più difficile per le persone quando i tassi di interesse aumentano, le persone tendono a vendere i loro asset più rischiosi poiché la liquidità diventa una proposta più allettante in termini di rischio e rendimento.
Con l’incertezza macroeconomica del momento, in particolare con l’acuirsi delle tensioni in Ucraina e Taiwan, sembra del tutto possibile, o addirittura probabile, che le attività di rischio continueranno a soffrire nel breve e nel medio termine.
Problemi di regolamentazione per Ethereum
I recenti progressi nel caso che la SEC ha attualmente intentato contro Ripple dimostrano che il modo in cui i titoli sono attualmente definiti dalla legge statunitense potrebbe non essere più appropriato; è del tutto possibile pensare che in futuro le leggi preesistenti dovranno essere riviste per soddisfare l’ambiente entropico nella tecnologia.
La decisione di Ethereum di passare da proof of work al proof of stake ha attirato l’attenzione delle autorità di regolamentazione, poiché dimostra chiaramente che esiste un piccolo numero di persone all’interno della comunità di Ethereum che possono cambiare il sistema per tutti gli altri.
Attualmente ci sono quattro entità che costituiscono il 59,6% dell’ETH totale che è stato messo in staking, il che significa che grazie al passaggio al PoS, il livello di consenso di Ethereum è diventato molto più centralizzato.
Ethereum, in sostanza, non è così decentralizzato come Bitcoin, i cui pool di mining sono molto più resistenti a questo tipo di centralizzazione rispetto allo staking di Ethereum. Questo grazie al fatto che i miner possono cambiare pool in modo estremamente semplice, mentre non ci sono gli stessi meccanismi per i più grandi staker di Ethereum, come Lido, che hanno bloccato i loro ETH in staking (almeno per il momento).
Di fronte a questo tipo di problematica, Vitalik ha parlato molte volte della possibilità di un soft fork attivato dall’utente, che potrebbe impedire ai grandi player di impossessarsi completamente della rete, non importa quanto sia dominante la loro partecipazione.