Ieri la First Republic Bank, una delle banche regionali USA finite sotto pressione dopo il fallimento di Svb, ha ammesso una fuga di capitali da 100 miliardi nell’ultimo mese.

Dopo che lunedì sera l’istituto bancario ha pubblicato la propria trimestrale, dalla quel risulta che i depositi sono scesi a 104,5 miliardi di dollari nel primo trimestre, le sue azioni sono crollate del 44,6%, scendendo di oltre il 90% quest’anno.

First Republic ha anche dichiarato che ridurrà le spese e taglierà l’organico tra il 20 e il 25% nel secondo trimestre. Inoltre, l’agenzia di stampa finanziaria Bloomberg ha riferito che la banca sta cercando di vendere fino a 100 miliardi di dollari in crediti e titoli per ristrutturare il proprio bilancio.

Ora, le sue mosse sono seguite da vicino dagli investitori preoccupati che possa subire la stessa sorte della Silicon Valley Bank e della Signature Bank, i cui fallimenti hanno innescato una crisi del settore a marzo.

Intanto, la banca con sede a San Francisco ha fatto sapere che un gruppo di grandi banche è intervenuto per salvarla con un deposito da 30 miliardi di dollari.

Nel frattempo, funzionari della Casa Bianca, del Tesoro e della Fed hanno avuto contatti con l’istituto sulla scia dei timori che il tempo a sua disposizione per rassicurare gli investitori sia ormai agli sgoccioli.

Borse Usa ed europee in rosso

Secondo gli ultimi sviluppi, i depositi della First Republic Bank sono diminuiti del 40,8% durante il primo trimestre 2023 perché i clienti hanno ritirato i loro capitali, per un valore di ben 100 miliardi di dollari, in seguito al crollo della Silicon Valley Bank. Un dato che ha riacceso i timori di una corsa agli sportelli, portando il titolo First Republic in ribasso del 44,6%%.

In seguito alla notizia, il Dow Jones e l’S&P 500 hanno perso rispettivamente l’1% e l’1,6% durante la sessione di trading di martedì 25 aprile. Inoltre, a Wall Street stanno soffrendo un po’ tutte le banche, non solo quelle locali: Western Alliance Bank Corp e Pac West perdono rispettivamente il 7% e l’8%, mentre Charles Schwab perde quasi il 4%.

JpMorgan cede l’1%, Bank of America l’1,66%, Wells Fargo l’1,7%, Citigroup l’1,6% e Morgan Stanley l’1,84%.

I trader inoltre non hanno gradito la trimestrale deludente di UPS, in calo del 9%. PepsiCo invece sale di oltre 2% su numeri migliori del previsto. Alphabet, la casa madre di Google, ha superato le attese del mercato nel primo trimestre del 2023 con un utile netto di 15 miliardi di dollari, un segnale che il gruppo tech californiano sta guadagnando terreno nonostante la difficile congiuntura economica. Il fatturato trimestrale è stato di quasi 70 miliardi di dollari, ovvero 1 miliardo in più di quanto previsto dagli analisti.

Ma i pericoli che aleggiano intorno al sistema bancario americano non sono l’unica preoccupazione dell’amministrazione Biden: il Congresso deve decidere se innalzare o meno il tetto del debito del governo. La segretaria al Tesoro Janet Yellen ha avvertito che in caso di decisione negativa si innescherebbe una “catastrofe economica“, che potrebbe portare a ulteriori aumenti dei tassi di interesse negli anni a venire. Per Yellen un default sul debito degli Stati Uniti comporterebbe la perdita di posti di lavoro e aumenterebbe gli oneri delle famiglie su mutui, prestiti auto e carte di credito.

Nel frattempo, ieri anche la borsa di Milano ha chiuso in netto calo, vestendo la maglia nera d’Europa con un -1,03% a 27.253 punti. Sui listini europei male un po’ tutte le banche, di riflesso alla trimestrale di Ubs che ha dimezzato l’utile a 1 miliardo.

Le fibrillazioni sono cominciate ieri mattina in Europa e proseguite fino a sera Oltreoceano. Le deludenti trimestrali di Ubs (utile a -52%) e Santander (ricavi +1%), il crollo (-27%) di First Republic Bank unito alla fuga dei depositi per 100 miliardi nel primo trimestre, e i segnali mandati dalla Fed sul rialzo dei tassi hanno zavorrato i listini, con quelli europei che sono arrivati a perdere fino a oltre l’1%, mentre Francoforte ha chiuso poco sopra la parità.

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