Dopo oltre sette ore di discussione, la riunione dell’Opec+ – l’organizzazione che raggruppa i Paesi Esportatori di Petrolio e i loro partner – ha raggiunto un accordo per estendere i tagli alla produzione al 2024, fissando la soglia a 40,46 milioni di barili al giorno.

Tuttavia non si escludono nuove e ulteriori sforbiciate all’estrazione di greggio durante la prossima riunione dei paesi produttori fissata per il 26 novembre. Inoltre, l’Arabia Saudita, leader dell’OPEC, ha in programma un’ulteriore riduzione volontaria dell’estrazione di greggio, anche se non sono stati forniti dettagli al riguardo.

Si tratterebbe di un ulteriore taglio di 1,4 milioni di barili rispetto alla quantità totale attualmente prodotta dal gruppo, che rappresenta il 40% della produzione mondiale di greggio. L’Arabia Saudita, da parte sua, ha annunciato un nuovo calo di 1 milione di barili al giorno a partire dal prossimo luglio per dare una spinta rialzista ai prezzi del petrolio, sempre più in calo negli ultimi mesi.

Nessun intervento coordinato nell’immediato, quindi, ma un semplice impegno che punta a “offrire una guidance di lungo termine per il mercato” e che è “in linea con l’approccio di successo dell’anticipare e dell’essere proattivi“, si legge in una nota diffusa al termine dalla riunione.

Nelle ultime settimane, i prezzi del petrolio hanno chiuso in rialzo, favoriti dall’approvazione negli Stati Uniti del disegno di legge per innalzare il tetto del debito ed evitare che il Paese andasse in default.

Venerdì, il Brent si è attestato a 76,08 dollari al barile, in rialzo del 2,45% rispetto alla chiusura della seduta precedente, mentre il prezzo del Wti è salito del 2,64% a 71,74 dollari.

Tuttavia, questi prezzi sono ancora ben al di sotto degli oltre 100 dollari a barile di un anno fa e non soddisfano l’Opec+, che da mesi cerca senza successo di superare la soglia degli 80 dollari.

A tal fine, l’Organizzazione dei Paesi produttori ha annunciato nuovi tagli volontari (cioè non vincolanti), per un totale di 1,66 milioni di barili al giorno, che sono entrati in vigore a partire dal primo maggio, e ha deciso di ritirare dal mercato 2 milioni di barili al giorno a partire dal 1° novembre. Se pienamente attuati, questi tagli rappresenterebbero 3,66 milioni di barili al giorno e circa il 4% dell’offerta globale di petrolio.

Un compromesso che suscita molte perplessità

Questo fine settimana ha segnato il “fallimento definitivo dei sauditi” nel riunire tutti i membri dell’OPEC+ per intraprendere “ciò che era necessario per portare prezzi migliori sul mercato“, ha dichiarato Ed Morse, responsabile globale della ricerca sulle materie prime e managing director di Citi.

Secondo Morse, il mercato del petrolio è ancora “estremamente debole“, in parte a causa della deludente domanda nelle tre maggiori regioni consumatrici: Cina, Unione Europea e Stati Uniti.

Abbiamo un potenziale di offerta molto maggiore rispetto alla crescita della domanda“, ha detto, citando una possibile recessione all’orizzonte,Non c’è alcuna garanzia che i prezzi del petrolio non scendano sotto i 70 dollari“.

Nel frattempo, la Commonwealth Bank of Australia ritiene che l’Arabia Saudita estenderà i tagli alla produzione di luglio se i futures del Brent rimarranno nella fascia tra i 70 e i 75 dollari al barile, o addirittura scenderanno al di sotto.

Riteniamo che l’Arabia Saudita cercherà di intensificare i tagli alla produzione se i futures del Brent scenderanno in modo duraturo sotto i 70 dollari al barile“, ha scritto Vivek Dhar della CBA in una nota di ricerca di lunedì.

L’ultima riunione dell’Opec+ si è tenuta in un momento di forte incertezza sulle prospettive dell’economia globale, che deve fare i conti con la bassa crescita dei Paesi più ricchi e i continui rialzi dei tassi di interesse che le principali banche centrali del mondo stanno attuando per contenere l’inflazione. Inoltre, la mancanza di segnali chiari rende imprevedibile il ritorno a una crescita della domanda di carburante.

I produttori assistono da tempo all’inesorabile riduzione dei ricavi ottenuti con la vendita di greggio. In più, i prezzi del petrolio sono scesi anche dopo che l’OPEC+ ha deciso di tagliare la produzione di 2 milioni di barili al giorno a ottobre 2022.

Un accordo che favorisce la Russia

A beneficiare della situazione generale è soprattutto la Russia, che sta trovando nuovi clienti in Cina, Turchia e India. Le sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina hanno infatti costretto Mosca a vendere il suo petrolio a 53-57 dollari al barile.

Questo ha quindi consentito al Paese di vendere al di sotto dei 60 dollari al barile, aggirando così il limite imposto dal G7, e di continuare ad avere risorse per sostenere un’economia compromessa dalle sanzioni imposte dall’Occidente per l’invasione dell’Ucraina.

Il tetto al prezzo, di fatto, consente al terzo produttore mondiale di petrolio di continuare a rifornire i clienti non occidentali, evitando al contempo anche una carenza globale che farebbe salire i prezzi per tutti, ma innescando di conseguenza un vero e proprio conflitto con i sauditi.

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