La Banca Mondiale ha ridotto le previsioni sulla crescita mondiale nel 2023, abbassandole dal 3% di giugno scorso all’1,7% e confermando i suoi timori su una possibile recessione a causa della persistente inflazione, dell’aumento dei tassi di interesse e degli effetti della guerra in Ucraina.
Se le previsioni dell’istituto internazionale si rivelassero fondate, si tratterebbe della terza peggiore crescita globale in quasi tre decenni, dopo la crisi finanziaria del 2008 e quella dovuta alla pandemia di COVID-19 nel 2020.
Come ha spiegato Ayhan Kose, direttore dell’ufficio di ricerca della Banca Mondiale:
“Si tratta della crescita più debole degli ultimi trent’anni, fatta eccezione per la crisi del 2008 e il post-pandemia del 2020. Il rallentamento è generale e l’evoluzione dell’economia mondiale è complessa”.
Nel Global Economic Prospects, ossia il rapporto annuale sulle prospettive economiche globali, la BM ha abbassato le previsioni per quasi tutti i Paesi sviluppati e per il 70% circa di quelli emergenti o in via di sviluppo, con una crescita particolarmente debole negli Stati Uniti e nulla nell’Eurozona.
L’ente ha attribuito la responsabilità del rallentamento della crescita del PIL mondiale all’inasprimento della politica monetaria globale, affermando:
“La crescita globale è rallentata al punto che l’economia mondiale è pericolosamente vicina a cadere in recessione.“
A causa della persistente inflazione, molte banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse per contrastare la crescita dei prezzi.
La Federal Reserve (FED), la banca centrale degli Stati Uniti, ha iniziato ad aumentare i tassi di politica monetaria nel 2022, con il primo rialzo dal 2018, partendo con un aumento di 25 punti base nella riunione di marzo e poi di 50 punti base in quella di maggio. Nelle quattro riunioni successive l’aumento è arrivato a 75 punti base.
Seguendo il tracciato della controparte statunitense, nella riunione di settembre il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di aumentare ulteriormente i tassi di riferimento di 75 punti base.
Anche se a metà dicembre la BCE ha soddisfatto le aspettative del mercato rallentando il ritmo dei rialzi a 50 punti base, la Presidente Christine Lagarde ha comunque precisato che la lotta all’inflazione non è ancora finita e che i tassi in Europa continueranno ad aumentare. Contestualmente ha anche annunciato che la Banca Centrale Europea inizierà il suo programma di inasprimento quantitativo all’inizio di marzo 2023.
Anche la Fed ha respinto tutte le speranze di un cambio di rotta, affermando invece che i tassi potrebbero rimanere alti per qualche tempo prima di ricorrere a un taglio.
La Banca Mondiale mette in guardia dalla recessione in un contesto di rallentamento della crescita
Come dicevamo, la Banca Mondiale ha abbassato le previsioni di crescita per diverse economie, mettendo in guardia da una possibile recessione nel 2023.
Secondo l’istituto internazionale, nei Paesi sviluppati il rallentamento sarà più evidente: si prevede una crescita dello 0,5% negli Stati Uniti (contro l’1,9% stimato lo scorso giugno) e una crescita pari a zero nell’Eurozona (sempre rispetto all’1,9% precedente).
Anche i Paesi emergenti non saranno risparmiati: secondo le stime, l’economia cinese crescerà del 4,3%, circa 0,9 punti percentuali in meno rispetto alla precedente previsione, e gli altri Paesi emergenti dovrebbero vedere le loro economie crescere solamente del 2,7% circa.
L’istituto ha inoltre espresso preoccupazione per gli effetti del rallentamento dal punto di vista sociale e in termini di lotta alla povertà. Nell’Africa subsahariana, che ospita una larga parte della popolazione mondiale in condizioni di povertà estrema, la crescita prevista non sarà sufficiente per combatterla in modo efficace:
“Ci aspettiamo una crescita dell’1% del PIL pro capite, che è di gran lunga inferiore a quella necessaria per sradicare la povertà estrema“, ha spiegato Ayhan Kose, affermando che “sarà quasi impossibile ridurre la povertà e la disuguaglianza economica ai livelli che vorremmo.“
Nel frattempo, la Banca Mondiale non è l’unica agenzia preoccupata per una recessione. L’International Monetary Fund (IMF) ha previsto che un terzo del mondo sarà in recessione quest’anno, con la sua direttrice, Kristalina Georgieva, che ha dichiarato:
“Anche nei Paesi che non sono a rischio, per centinaia di milioni di persone il rallentamento dell’economia globale sarà equiparabile a una recessione“.
Molti esperti trovano interessanti le azioni e le obbligazioni non statunitensi
Prima della riunione della Fed di dicembre, Elon Musk ha twittato che la recessione si sarebbe “notevolmente amplificata” se la Fed avesse nuovamente rialzato i tassi di interesse. Da tempo ha lanciato l’allarme di una recessione e ha persino licenziato alcuni dipendenti di Tesla a causa del rallentamento dell’economia.
Anche Cathie Wood di ARK Invest, che è tra i più noti rialzisti della casa automobilistica statunitense, ha criticato la Fed per i suoi inarrestabili rialzi.
In un contesto di inflazione alle stelle, Wood ritiene che l’economia statunitense sia destinata alla deflazione. Il guru delle obbligazioni Jeffrey Gundlach ha fatto eco alle sue opinioni e ritiene che le obbligazioni siano un’opzione di investimento interessante.
Nell’attuale contesto macro, Gundlach ritiene più interessanti e redditizie le azioni non statunitensi, tra cui in particolare i titoli cinesi che stanno sovraperformando il mercato nel 2023 grazie alle speranze di una ripresa dell’economia del Paese dopo l’abbandono della politica zero-COVID.
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