Secondo le stime preliminari dell’Istat – l’Istituto nazionale di statistica – nel secondo trimestre del 2023 il Pil italiano, destagionalizzato e corretto per gli effetti di calendario, è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente (quando era cresciuto dello 0,6%), aumentando dello 0,6% in termini tendenziali.
“Alla discontinuità dell’andamento congiunturale nel secondo trimestre” ha spiegato l’Istat in una nota – “fa fronte l’evoluzione positiva del Pil in termini tendenziali in misura dello 0,6%, che rappresenta la decima crescita trimestrale consecutiva“.
L’Istituto ha altresì precisato che il secondo trimestre 2023 ha avuto tre giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre 2022.
Alla luce dei dati del secondo trimestre, la crescita acquisita del Pil per il 2023 (ovvero la variazione che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell’anno) è pari allo 0,8%.
“In termini di variazione acquisita, per il 2023 la crescita si attesta nel secondo trimestre allo 0,8%, in leggera discesa rispetto al valore del primo trimestre, che era stato pari allo 0,9%“.
In calo industria e agricoltura, mentre i servizi registrano una moderata crescita
Il calo del Pil, che ha registrato un -0,3% nel secondo trimestre dell’anno, è dovuta a “una flessione sia del settore primario, sia di quello industriale, a fronte di una moderata crescita del comparto dei servizi“.
Sul fronte della domanda, invece, la contrazione “deriva dalla componente nazionale al lordo delle scorte, con la componente estera netta che ha fornito un apporto nullo“.
La variazione congiunturale, precisa l’Istat, è la sintesi di una flessione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, sia in quello dell’industria, mentre il valore aggiunto dei servizi ha registrato un lieve aumento.
Il governo italiano punta il dito contro la politica monetaria restrittiva della Bce
Il rallentamento dell’economia italiana è dovuto anche all’arresto del traino estero e all’impatto che potrebbe derivare dalla frenata della locomotiva tedesca.
Il dito è puntato soprattutto contro la Bce e la sua linea di rialzo dei tassi di interesse, con le imprese che stanno subendo un continuo aumento del costo del credito (+4,81% a maggio), con conseguente riduzione dello stock del credito bancario (-2,9% annuo a maggio).
Le ultime indagini dell’Istat e di Banca d’Italia hanno infatti evidenziato un irrigidimento dei criteri di offerta (costi, ammontare, scadenze e garanzie), una domanda frenata dai costi eccessivi e una quota significativa di imprese che non riesce ad ottenere credito o vi rinuncia a causa delle condizioni più onerose.
A protestare in modo piuttosto esplicito contro la politica monetaria della Bce è stato soprattutto il governo italiano, con il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che, durante la cerimonia per il 40°anniversario dell’uccisione del giudice Rocco Chinnici a Palermo, ha dichiarato:
“La soluzione per combattere l’inflazione non è aumentare il costo del denaro. Purtroppo con le decisioni della Banca centrale europea, che continua ad aumentare il costo del denaro, aumentano i tassi dei mutui e questo è pericoloso e dannoso per la crescita e per le imprese. Se si continua così si rischia di bloccare l’economia“.
“Naturalmente – ha aggiunto – la Banca centrale può fare quello che vuole, ma anche io sono libero di criticare certe scelte. Mi auguro che Lagarde ascolti il grido di dolore che arriva dall’Italia perché noi abbiamo anche il dovere di difendere imprese e famiglie“.
Anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), Antonio Patuelli, hanno espresso il loro disappunto, affermando che aumentare i tassi d’interesse non è la soluzione giusta per sconfiggere un’inflazione che in Italia viene dall’esterno e, in particolare, dall’aumento del costo delle materie prime.
“Noi però andiamo avanti con una politica economica che dovrà basarsi sulla riforma della burocrazia, del fisco, della giustizia, la riforma tributaria, e puntando su industria, agricoltura e turismo“.
Parole simili anche da Lucrezia Reichlin, economista docente alla London Business School e tra le voci più influenti e prestigiose della “sinistra europea”:
“La Bce a settembre deve fermarsi: non c’è motivo per continuare ad aumentare i tassi di interesse, a meno di non avere sorprese dai prossimi dati“, ha spiegato ai media.
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