I gruppi italiani della moda di lusso, che per decenni hanno custodito gelosamente la loro indipendenza, hanno iniziato a fare squadra per proteggere le loro catene di approvvigionamento e le radici italiane delle aziende più piccole, mostrando un nuovo spirito di collaborazione.

Per i marchi del lusso mantenere il controllo della catena di approvvigionamento è fondamentale per garantire che i prodotti arrivino nei negozi in maniera tempestiva ed evitare rischi di reputazione legati al reperimento delle materie prime o alle condizioni di lavoro.

Il mosaico italiano dei laboratori artigianali specializzati e delle aziende a conduzione familiare offre un’offerta particolarmente ricca per le imprese più grandi che hanno la liquidità necessaria per consolidare le relazioni attraverso gli investimenti.

Con questo spirito, a giugno Prada e il brand di moda italiano Ermenegildo Zegna hanno acquisito una partecipazione di minoranza nell’azienda di maglieria Luigi Fedeli & Figlio, con sede a Monza.

Questa piccola azienda a conduzione familiare, specializzata in cashmere e maglioni, è stata fondata nel 1934 ed è distribuita in 13 boutique a marchio proprio e in circa 400 negozi multimarca in tutto il mondo.

Prada e Zegna avevano già investito congiuntamente in Filati Biagioli Modesto S.p.A. nel 2021, acquisendo una quota di maggioranza di uno dei loro fornitori, specializzato nella produzione di cashmere e altri filati di lusso.

Abbiamo investito in Biagioli per rilanciare un’azienda che era in crisi, mentre per Fedeli si tratta di aiutare l’azienda a crescere“, ha spiegato Patrizio Bertelli, azionista di riferimento e presidente del Gruppo Prada.

Bertelli, 77 anni, ha aggiunto che negli ultimi due decenni le aziende italiane più piccole hanno dovuto destreggiarsi tra il passaggio di consegne da una generazione all’altra della famiglia e questioni più complesse come l’espansione in nuovi mercati.

I marchi italiani hanno voluto fare da soli per troppo tempo, poi improvvisamente si sono resi conto che non si può sempre fare da soli e hanno iniziato a guardarsi intorno“, ha aggiunto.

L’Italia vanta un gran numero di piccoli produttori

Secondo i dati della società di consulenza Bain, l’Italia ospita migliaia di piccoli produttori che coprono il 50-55% della produzione globale di abbigliamento e pelletteria di lusso.

Biagioli e Fedeli sono due esempi diversi di attenzione al ‘Made in Italy’ e di contributo al rafforzamento della filiera italiana, direttamente o indirettamente“, ha dichiarato Gildo Zegna, presidente e amministratore delegato di Ermenegildo Zegna, prima di aggiungere: “Io e Bertelli vogliamo preservare i gioielli del ‘Made in Italy’ e mantenere il know-how nel Paese“.

I gruppi italiani stanno affrontando la concorrenza di colossi francesi del lusso come LVMH e Kering, proprietario di Gucci, che negli anni hanno acquisito numerosi fornitori in Italia, soprattutto nel settore della pelletteria.

A maggio LVMH ha annunciato di aver rilevato una quota di maggioranza del Gruppo Nuti Ivo, un’azienda italiana specializzata nella produzione di prodotti in pelle dal 1955.

Anche le società di private equity hanno percepito un’opportunità di investimento e hanno iniziato a integrare i fornitori in entità più grandi.

L’amministratore delegato di Kering, Jean-Francois Palus, ha dichiarato che il gruppo luxury sta cercando di portare la produzione in loco per favorire la tracciabilità, la qualità e l’approvvigionamento delle materie prime e al contempo garantire tempi più brevi per la produzione e l’immissione sul mercato di marchi artigianali specializzati.

Relazioni più strette

Ci sono stati anche altri esempi di cooperazione franco-italiana, come l’accordo con cui Chanel ha acquistato una partecipazione nell’azienda di filati di cashmere Cariaggi Lanificio in collaborazione con Brunello Cucinelli.

L’Italia non ha creato un (grande) hub del lusso, ma abbiamo imprenditori che hanno la capacità di attivare le relazioni giuste al momento giusto“, ha dichiarato Stefania Lazzaroni, direttore generale dell’associazione italiana del settore luxury Altagamma, “L’approccio è cambiato e ora è molto più collaborativo per affrontare sfide più complesse“.

In effetti, la decisione di Prada e Zegna di investire insieme è nata da un’amicizia rafforzata dai recenti tempi difficili.

Ci siamo conosciuti meglio durante la pandemia si COVID-19, in un momento difficile per il settore, in cui avevamo bisogno di sostenerci a vicenda“, ha detto Zegna, aggiungendo che un ruolo fondamentale è stato svolto dalle riunioni tenute presso la Camera Nazionale della Moda Italiana, l’Associazione senza scopo di lucro che disciplina, coordina e promuove lo sviluppo della Moda Italiana.

Roberto Costa, responsabile del Global Luxury Investment Banking di Citigroup, ha affermato che i legami di lavoro più stretti riflettono un approccio più fiducioso ed esterno da parte dei marchi italiani.

I gruppi italiani sono ora più managerializzati, più organizzati e anche più forti, il che li rende più aperti a pensare insieme“, ha affermato Costa, pur senza vedere necessariamente grandi accordi in arrivo: “C’è una maggiore capacità di dialogare, ma questo non significa che ci saranno necessariamente delle fusioni“.

Zegna e Bertelli siedono ora insieme nel CdA di Fedeli e Biagioli, lasciando spazio a ulteriori investimenti a valle nella filiera.

Se si presenteranno nuove opportunità, le coglieremo. Resta da vedere se lo faremo insieme o meno“, ha commentato Zegna.

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