Ieri, lunedì 10 luglio 2023, l’UE ha approvato un piano che consentirà alle aziende di continuare ad archiviare i dati dei cittadini europei sul suolo statunitense, evitando un’interruzione potenzialmente costosa, soprattutto per le Big Tech, dei flussi di dati transatlantici.
#Data Protection: European Commission adopts new adequacy decision for safe and trusted EU-US data flows
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— EC AV Service (@EC_AVService) July 10, 2023
L’accordo, noto come Trans-Atlantic Data Privacy Framework, è stato raggiunto dopo lunghi negoziati con gli Stati Uniti sui trasferimenti di dati che vengono utilizzati da migliaia di aziende per vendere annunci online e misurare il traffico verso i loro siti web.
“Il Trans-Atlantic Data Privacy Framework“ – spiega Bruxelles in una nota – “introduce nuove garanzie vincolanti per far fronte a tutte le preoccupazioni espresse dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, tra cui la limitazione dell’accesso ai dati dell’UE da parte dei servizi di intelligence statunitensi a quanto necessario e proporzionato, e l’istituzione di un tribunale del riesame in materia di protezione dei dati (Data Protection Review Court, DPRC), accessibile ai cittadini dell’UE“.
Il nuovo quadro introduce miglioramenti significativi rispetto al meccanismo esistente nell’ambito dello scudo per la privacy. Ad esempio, se il DPRC ritiene che i dati siano stati raccolti in violazione delle nuove garanzie potrà ordinarne l’immediata cancellazione.
Inoltre, le nuove regole in materia di accesso ai dati da parte delle pubbliche amministrazioni integreranno una serie di obblighi che le imprese statunitensi dovranno sottoscrivere per importare dati dall’UE.
Scambio dei dati personali e rispetto della privacy
Dopo il via libera di Bruxelles, il trasferimento di dati personali tra l’Unione europea e gli Stati Uniti può quindi ricominciare e avvenire legalmente, previo rispetto delle nuove garanzie e degli obblighi imposti dal Trans-Atlantic Data Privacy Framework.
Tre anni fa, fu proprio la Corte suprema dell’Unione ad annullare un accordo simile tra le due parti che consentiva il passaggio sicuro dei dati personali dall’UE alle società statunitensi.
Ora, dopo svariate dispute politiche, l’Ue ha formalmente approvato il Data Privacy Framework, un’intesa che secondo il Commissario europeo per la giustizia, Didier Reynders, sottolinea che gli Stati Uniti sono ora in grado di garantire un adeguato livello di sicurezza per i dati dei cittadini europei.
“Con l’adozione del Data Privacy Framework, i dati personali possono ora fluire liberamente e in sicurezza dallo spazio economico europeo agli Stati Uniti senza ulteriori condizioni o autorizzazioni“, ha sottolineato Reynders, aggiungendo: “Pertanto, la decisione di adeguatezza garantisce che i dati possano essere trasmessi tra l’Unione europea e gli Stati Uniti sulla base di un accordo stabile e affidabile che protegga le persone e garantisca al contempo il diritto delle aziende“.
Anche secondo Victoria Espinel, presidente e CEO di The Software Alliance, l’accordo rappresenta un passo in avanti dopo anni di incertezza, mentre l’attivista per la privacy Max Schrems, che aveva ottenuto l’annullamento dei due precedenti accordi di trasferimento dei dati tra Ue e USA, ha già annunciato che contesterà la decisione.
L’accordo approvato da Bruxelles rappresenta, infatti, il terzo tentativo per mettere in piedi un sistema sicuro di scambio di informazioni. Nel 2000 è entrato in vigore il Safe Harbour, programma criticato dalla Corte di giustizia dell’Ue nel 2015. Un anno dopo, l’Unione europea e Stati Uniti hanno cercato una soluzione attraverso il Privacy Shield, un nuovo accordo in materia varato nel 2016 ma bocciato anch’esso dall’Alta corte Ue.
Con il Trans-Atlantic Data Privacy Framework gli Stati Uniti si impegneranno a garantire salvaguardie relative all’accesso ai dati trasferiti da parte delle autorità pubbliche statunitensi, mentre la Corte di giustizia dell’Unione europea indagherà e risolverà autonomamente i reclami, adottando misure correttive vincolanti.
Il primo riesame avrà luogo entro un anno dall’entrata in vigore della decisione di adeguatezza.
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